L'ultima di superMario

Il 31 maggio Mario Draghi ha tenuto le sue ultime considerazioni da Governatore della Banca d'Italia. Ne ha avute per tutti, a iniziare dal governucolo nazionale.

Poi ha anche affrontato il cuore delle riforme che vanno fatte con coraggio a livello mondiale se non si vuole di nuovo inciampare in tempeste perfette della finanza come quelle del 2008. Il passaggio merita di essere evidenziato:

"Abbiamo eliminato molti degli incentivi perversi che davano luogo all’assunzione di rischi eccessivi nelle operazioni di cartolarizzazione, agendo sul ruolo delle agenzie di rating, sulle regole contabili, sulle misure prudenziali. Trasparenza e riduzione del rischio sistemico guidano la riforma degli scambi di derivati over-the-counter: standardizzazione dei contratti, compensazione centralizzata, requisiti di capitale più esigenti, obbligo di raccolta delle informazioni presso i trade repositories sono i pilastri del nuovo sistema.

La riforma non è però ancora completa: occorre affrontare e ridurre l’azzardo morale delle istituzioni finanziarie sistemiche (Systemically Important Financial Institutions, SIFI); occorre accrescere la trasparenza e contenere i rischi generati dal “sistema bancario ombra”, zona grigia tra il settore regolamentato e quello non regolamentato.

O perché hanno ricevuto aiuti pubblici, necessari nel momento più acuto della crisi a evitare fallimenti dalle conseguenze devastanti, o perché gli Stati hanno loro offerto garanzie più o meno esplicite, diffusa è la convinzione che le banche più grandi non possano fallire. Ne derivano serie distorsioni alla concorrenza ma soprattutto il fatto inaccettabile che i guadagni spettano ai privati, le perdite alla collettività.

Le SIFI devono poter fallire, se necessario: in modo ordinato, mantenendo in vita le funzioni essenziali della banca e del sistema dei pagamenti, senza che i costi del loro dissesto siano sostenuti dai contribuenti, ma dagli azionisti e da alcune categorie di creditori. A iniziare da quelle di dimensione e natura globali, esse dovranno inoltre avere una maggiore capacità di assorbire le perdite. Il capitale di qualità primaria (common equity) rimane essenziale per raggiungere questo obiettivo. La vigilanza su queste istituzioni dovrà essere più intensa, commisurata ai rischi che esse possono generare. Ciò richiede, in molti paesi, un deciso rafforzamento dei poteri e dell’indipendenza delle autorità."

Per leggere l'intera relazione, andate qui.