La vicenda della Città dell'altra economia romana merita qualche riflessione. In essa si intrecciano tipiche questioni di insipienza amministrativa (di cui la giunta Alemanno è indiscussa leader), lo stato comatoso della sinistra (romana, laziale e nazionale), la deriva autoreferenziale e micro-corporativa dei cosiddetti "movimenti (ex) noglobal".
Questi ultimi si dividono almeno in due grandi gruppi. Quelli che - prima e dopo Genova 2001 - fanno e migliorano quotidianamente l'altra economia (nell'equo-solidale, nella finanza etica, nella cooperazione sociale, nell'editoria indipendente) e quelli che chiacchierano, autonominandosi esperti o rappresentanti e cercando di raggiungere qualche poltroncina...
Così, un progetto che aveva un senso, è stato mal gestito da un gruppetto di incompetenti, che ora cerca di farne ricadere le responsabilità sul Comune. Il quale, in coerenza con la totale incapacità che ne contraddistingue l'azione più generale sulla città di Roma, prima non si è neanche accorto di questo spazio e ora (meglio tardi che mai) fa l'unica cosa giusta e sensata che può fare un'amministrazione pubblica: far uscire un bando pubblico per assegnare nuovamente gli spazi.
A meno che non si sia accecati da qualche meschino interesse personale, non è facile contestare la prima mossa razionale (e trasparente) dell'amministrazione capitolina: anche perchè è sotto gli occhi di tutti l'inadeguatezza di chi finora ha gestito quegli spazi...
Ma a quanto pare, l'occasione è buona per parolai e giornalai da due soldi per fare di tutta un'erba un fascio, che non è mai cosa buona neanche quando il sindaco è un fascista.
Soprattutto perché chi ci rimette è l'altra economia vera, che certo non acquista dignità quando diventa protagonista di polemiche così pretestuose e contraddittorie.
Il Condor ha provato a spiegare il punto, intervenendo su qualche sito che tratta il tema: qui, qui e qui.