Al risparmiatore può capitare di finanziare le fabbriche d'armi, senza saperlo. E nei fondi di investimento si annida il rischio. È quanto emerge dalla ricerca condotta dall'Osservatorio sul commercio di armi di Ires Toscana, che ha analizzato 417 fondi italiani: ben 288 contengono azioni di aziende a produzione militare. "Abbiamo preso in considerazione i primi 50 titoli in cui è investito ciascun fondo - spiega Chiara Bonaiuti, coordinatrice della ricerca - e li abbiamo incrociati con le prime 100 aziende produttrici di armi elaborato dal Sipri (Stockholm international peace research institute)". In particolare, sono 85 i fondi che hanno titoli di Finmeccanica, all'ottavo posto nella classifica del Sipri, per un totale di quasi 5 miliardi di euro.
Non è facile per un risparmiatore sapere se i suoi soldi vengono utilizzati per finanziare il settore delle armi. "Quello che ciascuno può fare è chiedere alla propria banca più trasparenza - spiega Chiara Bonaiuti -. Bisogna pretendere che di ogni fondo siano specificati i titoli in cui sono investiti e poi fare le opportune ricerche". Inoltre, bisogna informarsi se la propria banca ha adottato dei criteri per la sostenibilità dei fondi. "Per ora sono poche le banche che hanno fatto questo passo", aggiunge Chiara Bonaiuti.
I risultati completi della ricerca, che analizza diversi aspetti del rapporto fra banche, finanza e commercio delle armi, verranno presentati a Terra futura (28-30 maggio a Firenze). I dati sui fondi di investimento sono stati anticipati, invece, in un incontro nell'ambito di "Fa' la cosa giusta!", la fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili che si è tenuta dal 12 ai 14 marzo scorsi.