Le nostre società vivono sul debito. Siamo abituati a surfarci sopra. In alcuni contesti, come nel Usa o Gran Bretagna, la tradizione vuole che il debito sia quello delle famiglie.
Così i governi fanno i virtuosi e pretendono di imporre le loro regolette (deficit zero) anche a paesi dalla struttura patrimoniale molto diversa.
Come l'Italia, in cui le famiglie - per fortuna - sono assai patrimonializzate, hanno una ricchezza netta positiva, e tengono in equilibrio un sistema in cui il debito pubblico, lo sappiamo, è tra i massimi d'Europa.
Tutto questo emerge bene da una recente analisi del Mc Kinsey Global Institute.
Come riportato nella tabella a fianco, l'Italia deve temere più i suoi governi e le sue imprese, ben bene indebitate, che le sue famiglie. Lascia, inoltre, un po' dubbiosi la valutazione sulle banche italiane: che il loro livello di attenzione debba essere pari a quello delle banche Usa sembra poco credibile.
In ogni caso, il processo di raffreddamento del debito non sarà breve e non sarà indolore. Ma è bene che i policy maker che si alterneranno al governo del Bel paese facciano capire ai tecnocrati di Washington (ma anche della BCE) che l'infrastruttura patrimoniale dell'Italia non è quella degli Stati uniti e dunque che a parità di numeri, occorre essere meno schematici nelle interpretazioni e dunque nell'individuazione delle soluzioni.
Lo si dice da tempo, vanamente. Chissà che questa crisi non ci porti in dono pure una simile bacchetta magica.
Per leggere l'intero rapporto, cliccate qui.
Così i governi fanno i virtuosi e pretendono di imporre le loro regolette (deficit zero) anche a paesi dalla struttura patrimoniale molto diversa.
Come l'Italia, in cui le famiglie - per fortuna - sono assai patrimonializzate, hanno una ricchezza netta positiva, e tengono in equilibrio un sistema in cui il debito pubblico, lo sappiamo, è tra i massimi d'Europa.
Tutto questo emerge bene da una recente analisi del Mc Kinsey Global Institute.
Come riportato nella tabella a fianco, l'Italia deve temere più i suoi governi e le sue imprese, ben bene indebitate, che le sue famiglie. Lascia, inoltre, un po' dubbiosi la valutazione sulle banche italiane: che il loro livello di attenzione debba essere pari a quello delle banche Usa sembra poco credibile.
In ogni caso, il processo di raffreddamento del debito non sarà breve e non sarà indolore. Ma è bene che i policy maker che si alterneranno al governo del Bel paese facciano capire ai tecnocrati di Washington (ma anche della BCE) che l'infrastruttura patrimoniale dell'Italia non è quella degli Stati uniti e dunque che a parità di numeri, occorre essere meno schematici nelle interpretazioni e dunque nell'individuazione delle soluzioni.
Lo si dice da tempo, vanamente. Chissà che questa crisi non ci porti in dono pure una simile bacchetta magica.
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